Lotta alle Cavallette: Un antico flagello

Lotta alle Cavallette: Un antico flagello

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Piccola guida per i necessari interventi.

Le cavallette sono conosciute fin dall’antichità come un vero e proprio flagello, ma ancora oggi se ne temono gli effetti distruttivi. In Emilia Romagna le infestazioni di questi insetti sono un fenomeno che ciclicamente si verifica in alcune zone collinari.
A metà gli anni ‘80, nelle province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena la massiccia presenza di cavallette aveva suscitato l’allarme degli agricoltori per l’eccezionale densità degli insetti e per i danni causati alle colture. Dal 2005 in poi anche nelle provincie romagnole di Forlì-Cesena e Rimini si sono verificati piccoli focolai di cavallette sempre in zone collinari nelle vicinanze di aree incolte da tempo .

L’insorgere delle infestazioni è legata a condizioni ambientali e climatiche che favoriscono lo sviluppo dell’insetto . L’abbandono delle zone collinari e montane con conseguente aumento di aree incolte, degradate e terreni scarsamente lavorati fa sì che si crei un habitat ideale per la riproduzione delle cavallette.

Inverni scarsamente piovosi permettono la sopravvivenza delle uova e conseguentemente la nascita in primavera di molti individui.
La scarsa piovosità e umidità agisce inoltre negativamente nei confronti dei principali nemici naturali di G. italicus (funghi, batteri, protozoi). Nei nostri ambienti sono soprattutto i parassiti fungini, in particolare Entomophthora grylli, ad assicurare il naturale contenimento delle popolazioni di cavallette. Va anche ricordato che molti organismi animali sono predatori di cavallette: ad esempio ricci, topi, tacchini, faraone, fagiani e altri uccelli da cortile, rapaci, lucertole, rospi.

Popolazioni eccezionalmente numerose di Calliptamus italicus (grillastro italiano) sono il risultato di condizioni ambientali e climatiche favorevoli; tuttavia, attraverso il controllo costante delle zone tradizionalmente interessate da questo problema e l’attuazione di idonee misure di contenimento è possibile ridurre i danni ed evitare per il futuro altre situazioni di emergenza.
Manifestazioni come quelle che si sono verificate negli anni ’80 possono risultare dannose non solo alle coltivazioni di leguminose foraggere e numerose specie orticole, ma possono anche arrecare disturbo alle persone qualora interessino aree vicine ad abitazioni.
Il Servizio Fitosanitario Regionale in collaborazione con i Consorzi Fitosanitari Provinciali da tempo svolge un’azione di sensibilizzazione su questo problema, anche in considerazione del fatto che la lotta alle cavallette è tuttora disciplinata da una legge dello Stato: la Legge 18 giugno 1931, n. 987 (“Disposizioni per la difesa delle piante coltivate e dei prodotti agrari dalle cause nemiche e sui relativi servizi”).

Come vivono e si riproducono

Le cavallette responsabili delle infestazioni nei nostri ambienti appartengono alla specie Galliptamus italicus L., comunemente nota come cavalletta dei prati o locusta dalle ali rosa. Si tratta di un insetto ortottero del Bacino Mediterraneo, diffuso nel Nord Africa, in Spagna, in Italia, nell’Europa orientale e in vaste aree asiatiche.
Gli adulti sono di colore bruno; il maschio raggiunge una lunghezza di 13-26 millimetri e la femmina di 21-36 millimetri.
Le forme giovanili (neanidi) sono biancastre appena nate, diventano scure in poco tempo e attraverso più mute raggiungono lo stadio di adulto in 40-50 giorni.

Altre specie di cavallette presenti in Emilia Romagna, ma che non raggiungono mai livelli tali da costituire problemi, sono Tettigonia viridissima (cavalletta verde), Decticus verrucivorus (Dettico o locustone) dalle notevoli dimensioni e dal colore verde intenso e la meno frequente Oedipoda coerulescens, simile a C. italicus ma di colore grigio con le ali azzurre. Le cavallette compiono una generazione all’anno.
Le neanidi nascono scalarmente dalla fine di maggio alla fine di luglio, in relazione ad altitudine ed esposizione. In caso di forte infestazione sono riunite in gruppi e ricoprono interamente il terreno. I primi adulti compaiono in luglio e si spostano in volo per brevi distanze.
L’ovodeposizione inizia in agosto in aree circoscritte di vecchi prati arati o incolti (“grillare”), prevalentemente in terreni compatti, esposti a sud, dotati di pendenza e quindi meno soggetti a ristagni idrici.
Le uova sono deposte in numero variabile all’interno di una ooteca o cannello, sovrapposte ed incollate le une alle altre tramite un secreto spugnoso. Ogni ooteca è inserita in un foro scavato dalla femmina nel terreno alla profondità di 3-4 cm.

Tettigonia_viridissima♀
O
Decticus_verrucivorus
Oedipoda_caerulescens

Quali danni e quale difesa

Essendo polifaghe, le cavallette possono danneggiare non solo piante spontanee, ma anche colture erbacee, in particolare leguminose foraggere e orticole. Il danno è direttamente correlato al livello di infestazione e generalmente si determina a carico delle coltivazioni di erba medica, in quanto diffuse nelle aree collinari e alimento preferito dalle forme giovanili in rapido accrescimento. Sono stati segnalati casi sporadici di infestazioni su mais e vite.
L’esperienza insegna che non è possibile eliminare completamente questo problema, si può però contenerlo entro livelli accettabili, soprattutto se si interviene in modo preventivo.

Difesa biologica

La lotta biologica va sempre preferita e può essere attuata allevando tacchini, faraone, galline e altri volatili da cortile che sono attivi predatori delle cavallette, in particolare dove le infestazioni non raggiungono elevati livelli di intensità ed esistono le condizioni per una loro efficace utilizzazione.

Anche ricci, rospi, lucertole e rapaci si cibano di cavallette e contribuiscono attivamente al loro contenimento.

Difesa chimica

I trattamenti chimici diretti all’abbattimento delle cavallette adulte non riducono il rischio di elevate infestazioni future. Per questo scopo risulta invece molto più efficace l’attuazione di pratiche agronomiche preventive.
Il primo comportamento da attuare è quello di operare un costante controllo delle aree di possibile ovodeposizione, per individuare e distruggere le ooteche con lavorazioni superficiali e dissodamento dei terreni infestati. Questo lavoro va effettuato entro aprile, prima che inizi la schiusura delle uova: esponendo le uova agli agenti atmosferici se ne riduce infatti la vitalità e di conseguenza si abbassa notevolmente il numero di individui che nasceranno.
Un’altra pratica di prevenzione è quella di rinnovare i vecchi prati e rimettere in coltivazione, o almeno lavorare, le superfici incolte (particolarmente quelle esposte a sud e meno soggette a ristagni idrici per evitare che divengano un habitat favorevole alla riproduzione dell’insetto).

Ai trattamenti chimici si deve ricorrere esclusivamente come misura di emergenza, qualora non si disponga di mezzi idonei alle lavorazioni o l’ubicazione delle grillare renda problematico l’impiego di mezzi meccanici. In questi casi, quando le infestazioni comportano rischi per le coltivazioni e le nascite sono già in corso (maggio-giugno), sì possono effettuare trattamenti localizzati alle sole aree di massiccia presenza di forme giovanili, avendo cura di sfalciare le piante prima di distribuire il prodotto. E’ consigliabile trattare nelle ore più fresche della giornata quando le neanidi sono concentrate ed immobili.

L’unica sostanza attiva autorizzata nei medicai per la lotta alle cavallette da utilizzare limitatamente per interventi sulle grillare è il piretroide Deltametrina: per gli interventi è bene scegliere sempre il formulato a minore tossicità. Per le aziende che praticano agricoltura biologica è autorizzato l’uso di alcuni formulati contenenti piretrine.
Va sottolineato che l’efficacia del trattamento è ridotta nei confronti delle cavallette adulte e spesso solo apparente (effetto di stordimento); interventi tardivi, quando gli insetti hanno completato il loro sviluppo sono pertanto inutili. Quando si impiegano piretroidi è bene prestare la massima attenzione, trattandosi di sostanze che pur avendo una bassa tossicità per gli animali a sangue caldo, causano invece altissima mortalità nei confronti di pesci ed organismi acquatici.

Si ricorda che ai sensi del Decreto Legislativo 17 marzo 1995 n. 194 (Attuazione della direttiva 91/414/CEE in materia di immissione in commercio di prodotti fitosanitari), l’uso improprio di prodotti fitosanitari è soggetto ad una sanzione amministrativa che varia da 1.549,00 a 9.296,00 Euro.